IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

mercoledì 10 ottobre 2012

'Io, 16 anni, picchiato dalla polizia'-

 

di Brunella Lottero


 
«Quando ci hanno caricato ho cercato di scappare. Hanno iniziato a prendermi a manganellate e a calci con gli anfibi. Ora sono pieno di lividi, ma più del dolore mi fa male l'indifferenza». Parla un liceale di Torino

(09 ottobre 2012)
Matteo  è uno dei ragazzi fotografati dietro allo striscione  
'Matteo' è uno dei ragazzi fotografati dietro allo striscioneMatteo ha sedici anni ma non glieli daresti a vederlo con le sue spalle strette, le gambe lunghe e magre e il viso dai lineamenti appena scolpiti. Gliene daresti molti di più, di anni, se lo guardassi dritto negli occhi che mandano lampi scuri.

Matteo frequenta il liceo scientifico. E' uno dei settecento studenti che venerdì 5 ottobre ha partecipato a Torino alla manifestazione contro i tagli alla scuola pubblica. Manifestazioni che si sono svolte in tutta Italia.

E' uno degli studenti che sono stati picchiati dagli agenti di polizia in tenuta antisommossa. E' uno che oggi è pieno di lividi e ha il cuore gonfio di rabbia e di paura.«A Torino», racconta, «la manifestazione era appena partita quando, all'angolo con via XX Settembre, abbiamo cambiato percorso. Abbiamo proseguito solo pochi metri quando la polizia ci si è messa davanti. Dietro il cordone dei poliziotti in tenuta antisommossa, c'erano due o tre camionette».

«Noi stavamo camminando, c'era la musica, facevamo i cori. Non stavamo facendo nient'altro. Qualcuno però ha cominciato a tirare fumogeni, qualche petardo e delle uova. Non so chi fossero i lanciatori, non li conosco», continua.

E poi: «Allora la polizia ha subito caricato. Io ero in testa al corteo, avevo in mano lo striscione. C'era scritto: 'Contro crisi e austerità, riprendiamoci scuole e città'. Non è andata come volevamo, non ci siamo ripresi niente. Siamo scappati tutti via».

«Correvo insieme a tutti gli altri, io davanti, i poliziotti dietro. Li stavo quasi seminando ma sono stato bloccato da un paletto, quelli di ferro che stanno fra la strada e il marciapiede... una ragazza davanti a me si è spostata così all'improvviso che io ho sbattuto con la pancia contro il paletto. Ho dovuto fermarmi un momento e ho sentito subito i manganelli addosso.

Un poliziotto mi ha preso per lo zaino, mi ha buttato a terra. Sopra di me erano in sette, otto. Mi hanno circondato. Per un minuto che non finiva più hanno continuato a picchiarmi con i manganelli ovunque, mentre un altro mi prendeva a calci con i suoi anfibi.

Io urlavo dal dolore e dalla rabbia: loro erano in sette, grandi, grossi e armati e io uno solo, senza nemmeno lo zaino, a terra.

Vicino a me è arrivato un altro poliziotto in borghese, con addosso solo il casco e degli occhialetti neri.

Ha detto loro di smetterla, ma loro non smettevano. Il minuto più lungo e più brutto della mia vita è cessato quando mi hanno lasciato a terra e sono corsi avanti, a cercare altri studenti come me. Il poliziotto in borghese mi ha detto: 'Stai fermo sennò ti manganello di nuovo'. Naturalmente ho dovuto star fermo. Del resto come avrei potuto muovermi? Non riuscivo nemmeno ad alzarmi. Lui mi ha chiesto il documento, ha preso i miei dati e mi ha fatto anche un piccolo video.

Finita l'identificazione, mi ha lasciato andare.

Accanto a me c'era una coppia di ragazzi. Si era messa in mezzo alla strada con le mani alzate, in segno di resa. I ragazzi volevano far capire così che loro non c'entravano niente, ma non è servito.
I poliziotti hanno colpito prima lei con una manganellata nella pancia così forte da farla cadere a terra, poi hanno manganellato lui, soprattutto in testa, da dove ha cominciato a sanguinare.

Quando mi sono ripreso, sono andato a cercare i miei amici. Ho trovato una ragazza alla quale prima avevano tirato una manganellata nella schiena e poi avevano detto: Sei troppo bambina tu. Devi ancora capire come va il mondo".

Ho visto un ragazzo che camminava per i fatti suoi e che palesemente non c'entrava niente con la manifestazione, inseguito da un altro poliziotto, esaltato, che gli urlava:'Fermati subito, cosa ci fai tu qui?'. Il ragazzo gli ha risposto che stava soltanto camminando ma il poliziotto di rimando ha replicato: 'Ah sì? adesso vedi!' e stava per tirargli una manganellata. Per fortuna lo ha fermato il poliziotto in borghese, l'unico che sembrava tranquillo, che gli ha detto: 'Questo lascialo stare, adesso lo identifichiamo'.
 Una negoziante ha detto ai poliziotti: 'Ma cosa state facendo? Smettetela, non vedete che sono ragazzi?'. Le hanno risposto: 'Cosa vuoi tu, fatti i fatti tuoi!'.

Nessuno di noi aveva fatto niente. Nessuno di noi aveva tirato petardi o uova ma i poliziotti non hanno fatto alcuna distinzione. Hanno distribuito a piene mani manganellate forti a chiunque fosse stato vicino a loro.

Oggi ho un enorme bernoccolo in testa e un dito che è il doppio degli altri. Ho lividi dappertutto, che mi spuntano come funghi. Ho anche il segno del manganello sulle gambe.

La prossima manifestazione degli studenti è prevista per venerdì 12 ottobre ma io non ci andrò, non posso. Né per la paura né per la rabbia che ho dentro. La mia non è una rabbia cattiva ma è quella legata all'ingiustizia. Ho visto e subìto un abuso di potere.

Non avevo mai preso manganellate prima, anche se ho partecipato a varie manifestazioni studentesche dove ho visto cariche della polizia anche più feroci di questa. Mi ricordo la manifestazione del primo maggio scorso, davanti al comune di Torino. C'era sangue dappertutto. Una ragazza vicino a me ha avuto una crisi d'asma per la paura e non riusciva più a respirare.

Ho sedici anni, posso essere un figlio di alcuni di quei poliziotti. Ma secondo me quei poliziotti, nascosti dietro ai loro caschi, non meritano di stare a casa tranquilli. Hanno picchiato tanti studenti, nelle piazze di tutta Italia. Si sono accaniti su ragazzi di quindici, sedici anni e noi che abbiamo subìto questa ingiustizia non possiamo nemmeno identificarli, non sappiamo chi sono.

Se almeno indossassero un cartellino di riconoscimento, forse potremmo denunciarli.

Non ricordo nulla di chi mi ha picchiato: né la voce né la faccia coperta dal casco. E come potrei? Mi hanno preso alle spalle. Ricordo invece i piedi chiusi dentro gli anfibi che mi prendevano a calci.

Fra due anni compirò diciotto anni, dovrei votare ma non so quale partito scegliere. Non mi sento rappresentato da nessuno. Non ho letto nessuna reazione politica ai fatti che abbiamo subìto. Credo che nella politica ci sia veramente troppo schifo. I politici, anziché lavorare per lo Stato, lavorano per se stessi, per portarsi a casa una pensione ricca e garantita.

A scuola stiamo studiando i latini. La loro forma di governo si basava su tre princìpi: la collegialità, la temporaneità e la gratuità. Significa che dovevano lavorare tutti insieme per la Repubblica, dovevano farlo entro certi limiti di tempo e soprattutto lo facevano gratuitamente. Per loro era un onore rappresentare i cittadini.

E adesso? i nostri politici hanno smesso di rappresentarci e si prendono solo tanti soldi. Quelli di sinistra vanno a braccetto con quelli di destra in nome del furto nazionale assicurato.
Oggi è cambiato qualcosa, per me. Ho molta rabbia dentro per l'ingiustizia che c'è stata. E ho paura. Bisognerebbe che alla prossima manifestazione scendessero tutti in piazza con gli studenti. Se invece di essere in settecento fossimo in settantamila, la polizia non ci caricherebbe.

Se in piazza con noi venisse almeno qualche politico, penso che potrei partecipare anch'io, con un po' di rabbia in meno.

Sono convinto che una grande manifestazione nazionale potrebbe persino vedere la partecipazione degli stessi poliziotti. I tagli ci sono stati anche per loro, non solo nella scuola. I poliziotti non possono essere contro gli studenti, devono unirsi a noi. Noi siamo parte dello Stato, come tutti gli altri, poliziotti compresi.

Le foto delle manifestazioni dello scorso venerdì sono finite su tutti i giornali.

Speravo che lasciassero tracce nelle coscienze dei cittadini.

Abbiamo invece lasciato tracce solo sui marciapiedi e nei manganelli dei poliziotti.

Non c'è stata nemmeno una riga firmata dal noto opinionista o dal famoso intellettuale. Per non parlare dei politici che ci hanno completamente ignorato.

Io sono tornato a scuola con due cose in tasca: la paura e la certezza di non essere rappresentato da nessuno. La cosa peggiore che mi è capitata è il disinteresse. Forse peggiore delle botte che ho preso».
 
Fonte:  http://espresso.repubblica.it
 
 



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